Defiscalizzare la manutenzione del patrimonio artistico, detassare i contributi di solidarietà per le vittime di eventi calamitosi, togliere i vincoli del Patto di stabilità nelle emergenze.
Il silenzio dei media televisivi nazionali sul tornado che ha colpito la Riviera del Brenta è un segnale cha va interpretato dopo l’analogo vuoto di notizie che seguì l’alluvione del 2010.
Le abitazioni in muratura non hanno retto ed è veramente miracoloso contare una sola vittima e una novantina di feriti, quando le abitazioni colpite sono oltre 400 delle quali almeno un quarto dovranno essere abbattute. Non parliamo poi dei danni subiti dal patrimonio architettonico e artistico con Villa Toderini-Fini-Piva completamente distrutta.
Il silenzio su quest’ultimo aspetto, i danni ingenti al patrimonio culturale, mi ha colpito e credo sia il sintomo di una profonda ignoranza sul valore e il significato che hanno le ville venete non solo nella storia dell’arte e dell’architettura. Si tratta infatti di un modello di insediamento e urbanizzazione che ha fatto scuola nel mondo: le ville di Andrea Palladio, l’ideatore, per così dire, di questo modello, sono inserite nel Patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco mentre la stessa Casa Bianca a Washington ricalca il modello di villa palladiana. Il bacino della Riviera del Brenta ha una concentrazione straordinaria di ville, da Villa Foscari, la celeberrima Malcontenta del Palladio abitata ancor oggi dai discendenti dei primi proprietari, a villa Pisani Museo Nazionale e via via lungo l’asta del Brenta su cui s’affaccia una sequenza unica al mondo di residenze cariche d’arte e di storia: il disinteresse ai danni subito da questo scrigno di ville del tesoro veneto lascia veramente interdetti.
Inutile dire che bisogna valorizzare il nostro patrimonio culturale, che occorre ripartire dai nostri gioielli, che bisogna spingere i turisti a scoprire l’Italia oltre i grandi poli attrattori se poi, davanti ad un evento drammatico che ha depauperato una parte non minore del patrimonio artistico, si tace: il sospetto è che quel tacere sia stato dettato dall’ignoranza e non già dalla supremazia di altri e ben più drammatici eventi nella gerarchia delle notizie.
Mi ritorna in mente la polemica, si era ancora nel 2004, per il finanziamento alle ville vesuviane, con contributi doppi e a fondo perduto, rispetto alle risorse destinate per i mutui per le ville venete e uno Sgarbi scandalizzato che inutilmente tentò di spiegare la radicale diversità, la complessità e diffusione del modello veneto rispetto a quello vesuviano o mediceo. Oggi la vicenda del tornado dell’8 luglio rilancia il sospetto di una ignoranza diffusa sul patrimonio artistico del Veneto.
Nello stesso tempo, l’evento drammatico su cui mi auguro non scenda una sorta di oblio mediatico, permette anche di rilanciare tre temi per altro distinti tra loro ma utilissimi in una terra, l’Italia, che ha spesso a che fare con eventi calamitosi. Primo tema: l’automatismo per cui nelle aree colpite da calamità naturale viene meno ogni blocco determinato dal cosiddetto Patto di stabilità con l’autorizzazione automatica per gli enti pubblici coinvolti a impegnare e liquidare le somme disponibili. Secondo: detassare completamente i contributi anche di piccola entità destinate alle popolazioni colpite dall’evento calamitoso con la loro detrazione al momento della dichiarazione dei redditi. Terzo: defiscalizzazione delle spese sostenute per la manutenzione ordinaria e straordinaria di ville, edifici e manufatti rientranti nel patrimonio artistico e architettonico vincolati dalle normative vigenti.
Se riuscissimo a sollecitare il Parlamento su questi nodi, che oggi toccano il Veneto, ma che in realtà riguardano tutti, la tragedia del tornado della Riviera del Brenta sarà ricordata non solo per il disastro che ha portato e per il colpevole silenzio in cui è stata relegata.
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