All’origine della parola transumanza troviamo Trans, attraverso, e humus, cioè terra: l’antica pratica pastorizia non solo ci parla di antiche prassi degli allevatori nello spostare le mandrie nella ricerca di migliori pascoli, ma ci restituisce il valore del rapporto dell’uomo con la terra e l’ambiente presentandoci la necessità di tutelare e promuovere queste forme culturali che affondano le loro radici nella notte dei tempi. La transumanza è una testimonianza, un vero e proprio reperto vivente di una storia che ha caratterizzato e caratterizza il Veneto in specie nell’ambito bellunese e vicentino. Difenderla è un dovere, perché essa si inserisce nel paesaggio fisico come immateriale della nostra terra parlandoci di antichi tragitti, tradizioni e abitudini. Ma la transumanza oggi ci presenta anche altre problematiche di stringente attualità che nascono da scenari complessi, siano essi il ritorno nelle aree di pascolo dei grandi predatori o la diffusione di patologie devastanti, come la blue tongue, di cui proprio ai primi di novembre sono stati segnalati casi nel Bellunese. Molti si sono commossi davanti alla fotografia di un lupo abbattuto, pochi si sono fermati a riflettere davanti alle carcasse di vitelli o asini devastati dai predatori: in ciò vediamo non solo una contraddizione dei nostri giorni, ma comprendiamo anche quanto poco si conosca della vita e delle difficoltà degli allevatori e del loro patrimonio, le mandrie e gli animali per i quali la legislazione italiana prevedere precise e rigide norme di tutela che determinano, per altro, costi non marginali nella vita aziendale.
L’augurio che io faccio è che attraverso la valorizzazione della transumanza, autentico patrimonio culturale del nostro Veneto, si possa anche contribuire a una divulgazione della conoscenza dei valori e dei problemi vissuti dalla nostra agricoltura.
Ho parlato fin troppo: dalle mie parti, zone di importanti allevamenti dove ancor oggi si celebra con feste partecipate la transumanza, si dice “predica corta, sopressa lunga”. Ecco, la mia predica è finita: a nome di tutti i consiglieri regionali vi porgo il benvenuto a palazzo Ferro Fini ringraziandovi per la vostra visita e per quanto fate ogni giorno nella difesa delle nostre tradizioni e della nostra cultura popolare più autentica.
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