Direzioni reti museali, non solo castroneria culturale, ma attacco alle identità locali: mossa del neocentralismo burocratico in chiave anti autonomista
Sono più che legittime le perplessità sulla nuova organizzazione e sul funzionamento dei musei con lo scioglimento dei Poli museali sostituiti da dieci direzioni territoriali delle reti museali disposta dal ministro Alberto Bonisoli. Gli accorpamenti riguardano Molise e Abruzzo, Piemonte e Liguria, Puglia e Basilicata, nonché Lombardia e Veneto.
È chiara la logica accentratrice ministeriale e la prima impressione è che il ministro sia stato inconsapevole strumento di una operazione di palazzo che non risponde a logiche culturali e che si presenta piuttosto come ennesimo e violento attacco alle identità culturali locali. Cosa c’entrano i lucani con i pugliesi? La Basilicata, che con Matera Capitale della Cultura Europea sta dimostrando la propria vitalità ma soprattutto fa emergere la sua fisionomia e peculiarità, necessita di uno spazio adeguato, specifica attenzione e risorse proprie: è grande il rischio di essere non dico schiacciata ma sicuramente penalizzata dal peso della Puglia, che, da parte sua, ha una forte identità e straordinaria ricchezza di patrimonio. Due identità distinte indiscutibili sono Piemonte e Liguria e persino Molise e Abruzzo possono vantare diversità singolari e diverse parabole storiche. Al di là della questione identitaria, che è la predominante, perdere il Polo museale locale significa abbattere le possibilità di valorizzazione della specificità locale, diminuire le occasione di confronto con i portatori di interesse del territorio, perdere o rendere più difficile anche il sostegno di finanziatori locali privati.
Questi aspetti deteriori si manifestano in maniera evidente nell’accorpamento Lombardo-Veneto. In questo caso innanzitutto la questione lombarda manifesta tutta la sua complessità: ci sono aree che culturalmente portano i segni di un legame profondo con Venezia, come Bergamo e il bresciano, altre come il Mantovano che hanno una loro specificità, non parliamo poi del polo milanese.
Nessuno al mondo, a parte i funzionari e i dirigenti del Mibac, contesta il carattere unitario della cultura Veneta, che non è solo storia della Serenissima ma percorso identitario unico che si sviluppa da ben prima della fondazione di Albalonga.
Già è difficile pensare a una sola guida di Basilicata e Puglia, figuriamoci con Piemonte e Liguria, già era complesso guidare il mosaico Lombardo ma unirlo al Veneto lascia allibiti, stupore che s’accresce se guardiamo ad altre Regioni, come l’Emilia-Romagna che ha mantenuto invece la sua direzione unitaria.
L’intento dei boss ministeriali non è riorganizzativo e di razionalizzazione: qui si legge in controluce un chiaro attacco alla identità e cultura locale: rendendo complesso il dialogo con la realtà locale, comprimendo le occasioni di valorizzazione del territorio, abbattendo le possibilità di finanziamento privato, si depotenzia il ruolo culturale trainante che i presidi culturali devono avere nell’affermazione della specificità regionale che finisce così annacquata. Si mira, nei fatti, a negare l’esistenza di una cultura veneta, si nega la dignità e la storia del popolo Veneto, come di quello Lucano, Molisano, Ligure, Piemontese, Lombardo, Pugliese, Abruzzese.
Da un punto di vista culturale siamo davanti ad una castroneria. Da un punto di vista politico, invece, il segnale è ben chiaro, è una sfida che uomini senza volto e senza consenso hanno lanciato proprio a Veneto e Lombardia trovando un ministro inconsapevole dell’assurdità che stava avallando. Almeno spero, perché se così non fosse sarebbe un complice di un progetto a dir poco famigerato in cui emerge, con buona pace dei suoi compagni di partito lombardo-veneti, il violento neocentralismo e la visione reazionaria dei rapporti tra stato e regioni, ulteriore esempio degli ostacoli al processo autonomistico e della anacronistica potenza delle burocrazie di palazzo che pur di mantenere il proprio oscuro potere cancella la storia ben sapendo che popoli senza memoria del proprio passato e senza identità non hanno futuro.
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